L’onnipresente ‘’brief’’.
Iniziamo da una verità che nessuno dice a voce alta: il 90% dei problemi tra clienti e agenzie nasce da una cosa sola. No, non è il budget. Non è nemmeno il “cliente che cambia idea”.
È la mancanza di un brief vero.
Quel documento magico, spesso sottovalutato, che potrebbe evitare telefonate infinite, proposte creative completamente fuori fuoco e progetti che vanno a rotoli già dalla prima call.
Perché la verità è questa: tutti vogliono grandi risultati, ma pochissimi si prendono il tempo di scrivere un brief chiaro e utile. E se anche tu sei stato tentato dal mitico “ci pensate voi?”, questo articolo è stato scritto per darti una possibilità di redenzione.
Cos’è (davvero) un brief?
Il brief non è un PDF da inviare per sentirsi professionali. Non è una checklist fredda. È un atto di chiarezza. Un momento in cui metti nero su bianco quello che vuoi, quello che non vuoi, e soprattutto quello che serve davvero per raggiungere il tuo obiettivo.
Un buon brief non parla solo alla tua agenzia: parla anche a te stesso. Ti costringe a ragionare su priorità, risorse, scadenze e tono di voce. E lo fa prima che qualcuno inizi a lavorare a vuoto.
È uno strumento di collaborazione, non di controllo.
E quando è scritto bene, diventa un acceleratore potente, perché elimina i fraintendimenti prima che inizino.
Cosa deve contenere un brief efficace?
Un brief utile non è lungo. È chiaro.
Non deve impressionare con frasi ad effetto, ma guidare chi lo legge verso una direzione concreta.
1. Obiettivi reali (e SMART)
Non quelli vaghi tipo “vorrei più visibilità”, ma quelli che si possono misurare:
“Voglio aumentare i lead del 25% nei prossimi tre mesi”.
Ecco dove entra in gioco il metodo SMART:
- Specifico – cosa vuoi ottenere, esattamente?
- Misurabile – puoi quantificare il risultato?
- Attuabile – è realistico per il tuo team e le tue risorse?
- Rilevante – è davvero utile per il tuo business?
- Temporale – entro quanto tempo vuoi ottenerlo?
Definire obiettivi SMART significa avere un faro che guida tutto il lavoro: rende più facile misurare l’efficacia delle azioni, prendere decisioni strategiche e gestire in modo ottimale le risorse. Secondo un’analisi di Factory Communication, gli obiettivi SMART migliorano il focus operativo e facilitano l’allocazione delle risorse aziendali, contribuendo alla buona riuscita delle campagne.
Inoltre, uno studio di MM-One conferma che un brief dettagliato e orientato agli obiettivi consente di ridurre errori, accelerare i processi decisionali e migliorare la qualità delle performance in ogni fase del progetto.
In breve? Un brief ben strutturato con obiettivi chiari non è una formalità: è una leva per ottenere risultati concreti, con meno stress e più ritorni.
2. Target
Chi stai cercando di raggiungere? Non basta dire “PMI” o “giovani”. Servono dettagli, comportamenti, paure, interessi. La precisione qui fa la differenza tra una comunicazione efficace e una campagna che parla a nessuno.
3. Budget
Lo sappiamo, è un punto sensibile. Ma dirlo serve. Se non lo specifichi, l’agenzia brancolerà nel buio: ti proporrà idee troppo ambiziose o troppo conservative. Ed è lì che arrivano le delusioni, le revisioni e le nottate a rifare tutto. Meglio evitarlo, no?
4. Messaggi chiave e tono di voce
Cosa vuoi comunicare davvero? In che modo? Cosa non vuoi che venga detto?
5. Contesto e passato
Cosa è già stato fatto? Cosa non ha funzionato? Cosa va assolutamente evitato?
6. Tempistiche
La creatività ha bisogno di stimoli, ma anche di deadline chiare.
Perché scrivere un brief ti fa guadagnare (e non perdere) tempo
C’è questa convinzione assoluta: che scrivere un brief sia una perdita di tempo. Che basti “una call al volo” per risolvere tutto. Ma sai cos’è veramente una perdita di tempo? Passare settimane a revisionare proposte sbagliate. Rifare strategie perché non c’erano informazioni chiare. Discutere su dettagli che dovevano essere decisi prima.
Un brief ben scritto accorcia i tempi, non li allunga. Permette al team di lavorare subito sulla soluzione, non sul malinteso. E sai cos’altro succede? Aumenti la fiducia. Perché quando un cliente arriva preparato, le agenzie lo trattano con una consapevolezza diversa, mostrando un’attenzione e una dedizione ancor più forte sul progetto.
I cinque peggiori tipi di brief (che abbiamo ricevuto davvero).
Non vogliamo fare i bacchettoni, ma ne abbiamo viste di ogni. E se ci permetti, ecco la classifica dei brief da incubo che abbiamo ricevuto:
1. Il brief su WhatsApp alle 23:54.
Testo confuso, note vocali registrate nel traffico, screenshot sgranati. Lo leggiamo piangendo, tutti insieme in riunione.
2. Il PowerPoint da 54 slide.
Bellissimo da vedere, ma non c’è un obiettivo, né un’indicazione chiara. Solo moodboard, citazioni, e la solita frase: “…capite il senso, no?”
3. Il “ve lo spiego a voce”.
A voce preferiremmo parlare di come il progetto sta andando dopo un bel po’ di tempo e tanti risultati raggiunti, non in una fase iniziale in cui il ‘’ve lo spiego a voce’’ si trasforma rapidamente in una chiacchiera volante che non lascia comprendere le intenzioni e gli obiettivi dell’azienda, portandoci a ripartire (spesso) da zero.
4. Il “decidete voi, siete i creativi”.
Flatterà il nostro ego, ma non ci aiuta. Perché un creativo senza confini è come un GPS senza destinazione.
5. Il “non so cosa voglio, ma lo voglio ieri”.
Un classico immortale. Alla fine sappiamo cosa succede: tutto cambia mille volte, ma la scadenza resta uguale.
Il nostro template: semplice, concreto e gratuito.
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Vuoi fare sul serio? Comincia dal brief.
Scrivere un brief non è una scocciatura. È un atto di responsabilità. È la differenza tra un progetto collaborativo e uno pieno di fraintendimenti. È l’inizio di un rapporto sano con chi lavora per portarti risultati. E se non sai da dove partire, non temere: ci pensiamo noi.
Da Ribrain, il brief lo leggiamo davvero. Ma ci piace ancora di più quando è scritto con la testa.
Hai bisogno di una mano? Sentiamoci per una call e iniziamo a costruire qualcosa che abbia senso fin dal principio.